Un giorno da granchio corridore

Mi alzo come sono andato a dormire, pioggia che martella le superfici scoperte del mio antro. Di là, una luce accesa avverte che mio padre è già in piedi…e non che ci fossero dubbi.

“Vuole fortemente quel granchio corridore…” urla la TV con la voce impostata di un documentario e a quel punto, anche te ti fai una di quelle domande importanti che ti condizionano l’esistenza.

“Quanto fortemente voglio quel granchio corridore?” …ma non so darmi una risposta.

Latte.

Mentre cuoce…spero si dica cosi…cuocere il latte suona male…forse riscaldare ecco…

Mentre riscalda…spero si dica cosi…noto che c’è tipo una spirale in movimento sulla superficie…la tocco con il cucchiaio e quella scompare…non controllo se si forma la pellicina ma mi affido alle bolle laterali…prendo il pentolino che avrà trent’anni…ha i cuori disegnati tutti attorno…mi riempo la tazza…dispenser con cereali terzo sportello a sinistra secondo ripiano…bello pieno pregando non sappiano di cartone come quelli dell’ultimo mese che io lo ammetto, di solito ho una gran memoria per cose persone fatti numeri costellazioni spaziali animali dinosauri automobili e formule fisiche inutilizzate da secoli tipo legge di Stevino rho per gi per acca eppure, non ricordo…non riesco mai a ricordare il nome dei miei cereali preferiti o chi li faccia o con che cosa siano fatti tra mais, avena, riso o granchi corridori.

E il latte è quasi tiepido.

Merda.

Significa che non l’ho riscaldato bene, significa che forse dovevo cuocerlo, significa che come al solito, nella vita sbaglio un bivio che tra riscaldare e cuocere, ci passa in mezzo un attimo di felicità.

I cereali però sono quelli giusti.

Almeno.

Mi guardo in giro per vedere se ci sia la scatola, cosi che possa studiare ed imparare, aggiungere un tassello di consapevolezza nella mia esistenza, andare sicuro ad un primo appuntamento con una ragazza diretto a fare la spesa…e portarla subito nella fila dei cereali in fila per sei con il resto di due tra quarantaquattro marche diverse e componenti variabili e sottoingredienti valori nutrizionali forma condimenti mascotte scintillanti con grosse K sopra galli tigri api anelli ciambelle fiocchi OGM o no produzione italiana cinese campi dorati schiavitù. Una volta nella sacra navata centrale dei carboidrati da colazione, una ‘wunderkammer’ del ‘breakfast’, andrei diritto verso quella scatola, conquistando la donna con la mia sicurezza…quella scatola di cui ho imparato colori e schemi comunicativi, in un mix tra caricature fumettistiche di animali e cascate di latte spruzzante sopra cereali dorati.

Avete mai notato?

Le cose che inondano con energia e gocce che vanno ovunque…le usano…pubblicità…forse mentalmente ci danno la carica e pensano che ti alzeresti la mattina, prendendo il cartone del latte NON aprendolo da quel minuscolo buco solito sulla punta, ma tagliandolo da cima a fondo sul lato lungo, lanciando tutto il contenuto di colpo in una vasca da bagno con Nesquik e cannuccia. Cose che spruzzano e schizzano (SPLASH!) che forse c’è pure qualcosa di sessuale e virile dietro, doppi sensi e malizie e collegamenti che siamo tutti depravati e ci starebbe anche quello, con Freud che se la ride giù all’inferno dove sta…ma voglio vederla alla prima maniera, come uno di quei messaggi che poi si scontrano con la realtà stile famiglia felice del Mulino Bianco che quelli si, hanno scodelle e latte che scende niagaramente da bottiglie di vetro anni cinquanta e il sole dorato di un post-alba vista campi di grano e fiumiciattolo.

Che io, quando apro il cartone del latte male e quello esce a singhiozzi spruzzando e spargendo in mille gocce, io…mi incazzo. Mi incazzo perché straborda e le particelle di latte fanno il giro della tazza da un litro e sotto si forma la chiazza e quindi la alzi…e la pulisci…ma adesso la goccia sta dall’altro lato e la tovaglia si macchia e si…ditemi pure che c’è il trucco…e che basta girare l’apertura in modo che stia in alto e non in basso…giustissimo, scoperto anch’io di recente…ma quando un abitudine ti entra nel DNA non ne esce più, se non con uno stupro mentale di quelli seri.

E comunque il latte è quasi freddo ormai…e sono due ore che sgranocchio e la tazza sembra ancora piena.

Certi giorni le cose non sembrano finire più e mi figuro angioletto e diavoletto sulle spalle ma con la faccia di Einstein…che parlano di relatività generale e del fattore tempo nello spazio in prossimità dell’orizzonte degli eventi.

Forse forse, questa è la colazione più lunga della mia vita.

Sarà che penso troppo.

Sarà che ancora non so quanto fortemente voglia quel granchio corridore.

Pubblicità

298° giorno – Cristo a Mykonos

“Cristo a Mykonos? Ma che cazzo dici?”

“No…Cristo amico nostro…te mica sei troppo normale a capir cosi male…”

“Io eh…sei da un’ora in piedi in mezzo alla ditta a recitare il Credo urlando come un pazzo…neanche allo stadio…”

“Ci vuole un pastore per questa ciurma di dannati…e il pastore sono io…” dico a Teo

…è che nel sottomarino in questi giorni regna il caos…Faraone e Capa sono in Francia e l’entropia regna sovrana, è una pazzia dilagante e la gente lavora a ritmi più bassi mentre il linguaggio scende a livelli del porto di Caracas, un crogiuolo di insulti.

Come mi sento? Bene…sono entrato in ditta in ritardo di un’ora però, mi nutrirò a velocità record a pranzo per recuperare, ruberò poi altri dieci minuti qua e la per farci pure mezz’ora di straordinario che tanto piove, piove tantissimo, piove obliquo e l’ombrello Shell va a destra a sinistra e io mi bagno asimmetricamente e obliquo, sembrerò Two-Face di Batman e non avrò voglia di uscire ad allenarmi, ne sono sicuro al 94,7%. Dopo cena poi chissà cosa andrò a fare…si è parlato di T.E.A.M….Tosco, Evenly and Mago, incontro cinematografico tra i membri a casa mia…ci sta…mi piace…dovrei fare spesa però, riempirmi il frigo di qualcosa con zucchero dentro o sale sopra che manco a farlo apposta…e vi giuro che è vero…l’unica cosa che ci rimane dentro è Gesù Cristo, in legno senza croce…non vi spiego il perché e il per come ma sta li da un po’, pare più complicato da scardinare del sepolcro a quanto pare per Jesus e perdonate la blasfemia…davvero…non lo faccio per offendere cultori della religione, adepti, gente che ci crede…ci credo pure io saltuariamente, diciamo quando magari mi serve o mi farebbe comodo ecco, due preghiere per non rimaner corto con la coperta non costano nulla…a volte becco segni divini in colpi di culo o sacchetti della spesa che volteggiano nel vento…a volte prego sinceramente…altre ripeto come un robot…a volte penso semplicemente che Dio non risponda non perché non esista, anche se rimane sempre una possibilità, ma perché sa benissimo che me la posso cavare splendidamente senza di lui che invece c’è gente messa peggio li da qualche parte a est o a sud o in qualche famiglia con una sola madre, 6 figli al seguito e 600 dollari di stipendio come commessa part-time. Oppure è in vacanza e le vacanze delle divinità sono insolitamente lunghe e chi sono io umile umano per rompere il cazzo ad uno che in 6 giorni fa un universo quando io ce ne ho messi 8 per consegnare in ritardo un manuale in francese pure fatto male…a volte fa bene scherzare sul sacro e sul profano…non prendersi sul serio, non prendere sul serio gli altri e i loro piccoli e ridicoli schemi comportamentali che riescono a convincerli che stanno facendo qualcosa di importante…che è fondamentale fare questo e quello per fare altro, formichine che scavano scavano per costruire un formicaio nel metallo che non finirà mai…è inutile…quindi meglio riderci su, fai il tuo lavoretto del cazzo e ripeti lo schema senza crederci troppo e comprati quella felpa verde con righe nere e vai al cinema, guarda sport in TV e partecipa a riunioni di lavoro che parlano di bilanci economici, ridici su il più possibile e dimenticati delle notti insonni in cui pensi che in tutto il post-Big Bang non esista un granello di senso.

In verità in verità vi dico…son due giorni che son positivo, anche se a leggere sta merda di diario forse non si capisce…e devo dire che mi preferisco cosi, sento più carica e voglia di fare…ma non è cambiato nulla, ne si sono aperti i cieli ne mi è arrivata una raccomandata dallo spirito santo e non cambierà nulla…le persone rimangono uguali, magari perdono pezzi ma rimangono uguali…continueranno i miei periodi cupi e ci saranno giorni positivi, più rari…una specie di meteo applicato all’anima. Però capita di vedere nelle cose qualcosa di più luminoso ed è bello, a naso senti che un paio di questioni possono anche andare bene e sei convinto che stamattina gli addominali spuntassero un po’ di più e che con capelli e barba rasata dimostri 5 anni di meno e qualcuno potrebbe anche innamorarti di te se ti ricordi pure come parlare senza inciampare nei pensieri…ed esci da lavoro in pausa e ti metti a giocare a golf con i sassolini del parcheggio e il manico dell’ombrello bianco-macchiato marchiato ‘Shell’ che fa da ferro numero 3 anche se piove forte-asimmetrico-obliquo e Teo bestemmia di muoverti ad entrare in macchina e torni a casa e il sugo sembra fatto con il pomodoro fresco e il basilico appena colto, ti siedi a tavolo e chiedi “Come va?” agli altri e pensi che vorresti comprare un maglione e una giacca con trama grigia-nera e cambiare anche un po’ stile, mezzo-hipster-mezzo-cowboy-mezzo-sofisticato che più mezzi ci metti dentro meglio è. Ti senti anche con una tua amica al telefono, organizzi serate per un mese, lei ti dice “E sabato? E Domenica sera? E Mercoledi?” e tu rispondi solo “Si” ed incastri impegni in cui non puoi mancare per non deludere-offendere-distruggere le aspettative degli altri ed è meglio programmare tutto subito, che oggi quello che ho mi va bene e da pesce piccolo il mio stagno sembra un lago…perché magari domani per me Dio non esisterà più e ricomincerò a guardare la ruga a “V” in mezzo alla fronte illuminata dalla lampada dello specchio, in bagno…penserò alle articolazioni doloranti e all’età e alla morte termica dell’universo e mi riscoprirò con ancora sette chili di troppo e il sonno in corpo.

E’ che non mi sono ancora esercitato abbastanza nel tenere strette certe sensazioni positive, farle mie e portarle avanti con impegno ed è un po’ come vivere alla giornata nel bene e nel male quindi, oggi prendo il buono e metto in tasca…e forse domani sarà il peggior giorno della mia vita, chissà.

Ma sarà domani.

296° giorno – Una serie di fortunati eventi

Dovrebbe passare adesso il pullman ma non si vede…e se passasse dico…lo faccio il biglietto? I controllori mica lavorano alle 21:16 mi sa…e anche se mi beccassero poi…sono da solo in città, io e il cartone da macero fuori dai negozi, mi beccherei la ramanzina da solo in un pullman che il problema dell’essere beccati non sono i due spicci della multa e nemmeno l’ansia o l’adrenalina quando lo vedi salire con la porta dietro chiusa e lo sguardo da Robocop…no…è la vergogna di essere in pubblico in mezzo a 22 persone sedute, 65 in piedi ed 1 in carrozzina che ti guardano mentre fai la tua bella figura di merda stile bambino chiamato alla lavagna senza aver studiato.

21:18 e arriva. Completamente vuoto…lo sospettavo…luci al neon e ‘P’ luminosa li davanti, Penultimo Pullman prima del nulla serale, mi siedo in mezzo e mi stravacco, alla fine lo Pago quell’euro e trenta che per sto viaggio ne spenderanno almeno tre in gasolio, viaggiano in perdita da una certa in poi e non me la sento di rubare.

Stravolto.

Ho la testa che mi gira dalla mattina, avevo intenzione di starmene a casa almeno fino alle nove per cercare un nuovo baricentro gravitazionale per i miei pensieri standomene a letto ma troppe questioni sospese, lavori in corso, affari da sbrigare, tradizionali ritardi…roba che mi devasta ancora di più ora dopo ora ma le cose cambiano…mi ritrovo con una schiena il pomeriggio, quasi nuova e una serie di fortunati eventi che stamattina il programma era fisio per poi andare a fare delle foto ad un amico…calcetto, ma “forse piove” mi dice, meglio settimana prossima e quindi penso di fermarmi ed allenarmi con un altro amico ma quello “No…lavoro fino alle 22” e di stare da solo alla scala non ne ho proprio voglia, meglio andare in giro e fare un po’ di foto street che una rivista mi ha chiesto dieci foto per una serie e le mie son belle ma incomplete e devo lavorarci su per gloria e fama futura. Solo che poi incontro un amica e andiamo in libreria e parliamo, lei si fuma una sigaretta e parla di viaggi, si fanno due passi e si parla di viaggi, stiamo fermi davanti alla porta e si parla di viaggi. E si fan le sette. Ed è tardi. Ma rimango comunque in giro anche se non sono ‘confident’, la strada mi rifiuta, pochi scatti e pure brutti, poca gente e poco interessante o forse sono solo io il problema…ma continuo, prolungo fino al centro, temporeggio, entro nel solito bar ma con nuova barista mai vista prima e siamo completamente soli e si comincia con due parole e poi venti e poi duecento e finisce che sto li due ore a parlare di vita, morte, futuro, amore, pensieri, anarchia, lavoro e sogni finché non è ora di chiusura e nessuno è entrato o uscito e tutto è sospeso nel nulla e forse, in tutta la città… mondo…universo, ci siamo solo io e lei.

295° giorno – Un pacco di buone intenzioni

Uno di quei giorni in cui ragiono sull’inutilità di alcune cose come gli intrattenimenti, stadi pieni e folle festanti e ci penso di fronte ad una partita di hockey che mi piace tantissimo anche se il 90% delle volte il disco manco si vede ma mi diverto comunque…e penso a quanto inutile e poco importante sia tutto questo mentre sto immobile stile paralisi bava alla bocca sul letto, ho tipo la convinzione che l’uomo debba pensare solo a cose grandi e nobili e all’arte e all’amore e alla riproduzione sfrenata per dare un senso a quel fatto fortuito della nostra comparsa nella periferie di una galassia insignificante…e lo faccio mentre tifo spudoratamente Finlandia dopo non aver fatto tipo nulla tutto il giorno se non svaccarmi in un bar la mattina, mangiare come un porco, momenti di autoerotismo per noia su porno-streaming, ancora cibo a caso ad ogni sollevamento spinodorsale dal materasso e poi pure partita di calcio in TV con risultato già deciso dopo 10 minuti, sempre stra-svaccato dentro un letto e copertina per una temperatura media sui trentotto che quasi sudo e ora scorrono spot e immagini e interviste, altri sport strani e inutili come quelli che sciano tutti storti e hanno il fucile dietro e quelli che lanciano ferri da stiro di pietra sul ghiaccio e mentre gli occhi chiedono pietà e la luce che illumina i toni di grigio di questa merda di paese sta sparendo dalla finestra, penso che dovrei essere fuori a far foto, amare, costruire razzi per viaggiare nell’iperspazio e costruire un futuro migliore per tutti nonostante il grigio e il freddo e il vento ma invece sto qui e mi gratto in tutte le parti del corpo che riesco a raggiungere con la mano destra e ora mi guardo dei tizi che si menano sulle balaustre, acconciati con armature colorate che corrono sul ghiaccio e la mia parte sinistra sta già russando e comprendo profondamente quanto imperfetti siamo tutti quanti, macchine piene di difetti visto che bastano due gocce e una colazione abbondante e ventitré pollici tubo catodico Philips nero del ’98 per prendere arte, amore, poesia, buona volontà, giustizia, futuro e profonda conoscenza e impacchettare tutto dentro quattro lati di cartone, tre francobolli e scrivere “non me ne frega un cazzo” nello spazio del destinatario, invio per corriere…è più comodo…te lo vengono a prendere a casa…non devo manco uscire.

289° giorno – Addio compagna di avventure nel sottomarino

Le ho perdonato di avermi spaccato la schiena, non era colpa sua alla fine…arrivata a me dopo averne passate mille in condizioni pietose e subito ad assumersi il compito più gravoso…subire cento chili, i miei, in perenne movimento che mi agito per ogni cosa, mai soddisfatto della posizione e la maglietta si tira su e la chiappa mi fa male e accidenti cosi mi scappa da pisciare e sono nervoso e quella è una stronza e scatto tipo in preda ai raptus e se ho spazio faccio pure addominali ed esercizi e stretching e ci corro pure in giro da scemo tutto per otto-dieci-boh ore al giorno moltiplicato venti per dieci e dopo pochi giorni infatti, ecco la prima scontata operazione chirurgica, d’altronde è vecchia e la stavo davvero massacrando…riduzione della frattura del poggiabraccio di sinistra ceduto di schianto, il più fondamentale in una scrivania visto che la mano destra sta sempre sul mouse ma la sinistra si deve appoggiare da qualche parte, soprattutto nella mia sezione di sottomarino dove lo spazio scarseggia e tutte le superfici d’appoggio sono stupide, inaccessibile, scomode e puntute.

Ma la riduzione non è servita…traballava come un tavolo a due gambe, amputazione necessaria sentenzia il dottore e quindi spostamento del bracciolo di destra nella parte sinistra con saldatura a goccia e rivetti di supporto…e tutto sembrava andare bene fino ad un nuovo inaspettato crack…la povera spina dorsale si piega di colpo con un orrendo rumore di metallo che sfrigola a corredo, partono viti e schegge plastiche, si apre una crepa che fa saltare manopola e attacco dello schienale, un pezzo di copertura cade inerte al suolo privata di agganci, esplosi pure quelli. Sembra spezzata a metà e ciò la rende più reclinabile di una spavalda ventenne di facili costumi anni ‘ 70, con drammatiche conseguenze per la mia povera schiena…mi ritrovo a lavorare da sdraiato quaranta centimetri sotto il bordo della scrivania, sembro un Umpa Lumpa incazzato in azione di sabotaggio ma nonostante i reclami e i miei lamenti tutti sembravano alquanto divertiti del mio modo lavorare, mi guardano e ridono, come se mi divertissi un mondo a sembrare appeso a bordo scrivania o sdraiato in una brandina da ospedale.
.
“Ma che fai…stai sdraiato?” dice la Capa sorridendo

“No è la sedia…dovrei cambiarla”

“Dillo di sopra” e io lo dico

“Ma che fai dormi?” dice il Faraone incazzato

“No è la sedia…dovrei cambiarla”

“Dillo di sopra” e io lo dico

E io lo dico pure un po’ di volte di sopra, ma la schiena comincia davvero a lamentarsi come un bambino affamato e si sa come funziona in certe ditte…alcune cose finiscono per essere dimenticate o scritte su un post-it giallo che viene ricoperto da altri ottantacinque post-it gialli il giorno stesso quindi provo a sistemarla per i cazzi miei che non si sa se poi mi arriverà davvero una sedia nuova, chissà quando, chissà come. Utilizzo la più grande invenzione dell’uomo…lo scotch…che finché hai una buona dose di scotch puoi fissare qualsiasi cosa a qualunque altra cosa e risolvere un sacco di problemi…io ci ho curato ferite e disastri infantili, hanno fatto compagnia ai miei vecchi occhiali per un sacco di tempo e credo che tengano assieme ancora un paio di miei biciclette. Stringo con la morsa compattando schienale seduta e pezzi in metallo e srotolo diciotto chilometri di nastro marrone…lo faccio passare ovunque facendo giri pure dove non necessario che abundare è meglio che deficere…quattro chili di scotch che forma una specie di pallone spigoloso e marrone sotto la sedia…ma è solo un azione temporanea in attesa della seconda grande operazione chirurgica…roba in grande stile, pianificata meticolosamente.

Prenoto il tempo del carpentiere della ditta qualche giorno dopo, una mattina senza rompicoglioni attorno. Smontiamo i componenti, saldiamo le spaccatura rinforzando con lamine di ferro…poi infiliamo viti e rondelle e saldiamo pure quelle, poi riattacchiamo i pezzi e infiliamo altre viti e rondelle e bulloni e saldiamo ancora e mettiamo dei sostegni per il bracciolo, saldati…e sostegni laterali a T, saldati…e alla manopola tagliamo l’attacco in ferro cinese e ci mettiamo dentro un’enorme vite nera che guarda un po’, blocchiamo nella posizione più rigida e interna e saldiamo pure quella a tutto quel blocco di metallo fuso che ormai si è raffreddato…ora non è più una sedia ma un tank, pesa trentaquattro chili in più, a stento si riesce a spingere e lo schienale è cosi rigido che ci potrei fare le verticali tenendo un paio di pony sotto le ascelle e mi metto li, tutto soddisfatto con la rediviva vecchia amica pronto ad affrontare altri anni di onorato servizio.

Poi arrivo, giorni dopo…ed ecco sul mio pezzo di sottomarino una scatola gigante…e io mi chiedo cosa ci sia dentro…non è che mi hanno licenziato e inscatolato tutte le mie cose stile film americani?

Ma sbuca una faccia sorridente da dietro il mio monitor “Ti ho comprato la sedia!” mi grida contenta la segretaria…e io apro il pacco e inizio a montarla senza capirci un cazzo all’inizio anche perché è dai tempi degli Ovetti Kinder che odio rifarmi agli schemi, piuttosto le cose le monto sbagliate e storte…e sono li, che smanetto e avvito e attacco viti e incastro pezzi di plastica su sedili sagomati e schienale ergonomico, cinque rotelle high-speed, braccioli design con regolazioni triple basculanti e tutti mi vedono e mi dicono “Sieda nuova!Sieda nuova! Sei contento eh?” e io che sorrido e poi guardo la vecchia amica che chissà che fine farà e non riesco a non pensare che no, non sono poi cosi contento.

fotor_(10)

275° giorno – Ciao Microchippy

Alle 5 di mattina sento mio padre che si alza e va in cucina, poi torna.

“È vivo?” gli faccio
“No…”

…e mi ritrovo a piangere come un bambino, anche per tutta questa notte tormentata in cui cercavo di incastrare i pezzi del puzzle del ‘domani’ sempre evitando di alzarmi per andare a controllare se fosse ancora vivo…cosi…per paura. Mi giravo nel letto pensando a come avvolgere la gabbia l’indomani per non fare entrare freddo, dove lasciare la macchina per andare dal veterinario, a che ora chiamarlo…ma in realtà inconsciamente sapevo…sapevo appena Microchippy si è messo a dormire sul fondo della gabbietta che non c’era già più niente da fare e tutte le idee di una voliera e una canarina da compagnia e forse anche liberarlo la prossima estate sono sparite di colpo e forse sbaglio a renderlo cosi tanto umano e cosi poco animale ma quando ogni tanto gli parlavo ero convinto che ascoltasse davvero tutti i miei progetti.

Mi alzo, che la vita deve continuare e non aspetta e c’è la gabbietta vuota vicino alla porta di casa…chiedo a mio padre dove  ha messo il corpo e lui mi risponde “nella terra…li fuori” e anche lui ha la voce quasi rotta dalla commozione e io mio padre commosso forse non l’ho mai visto quindi non dico altro e lo lascio seduto in sala. Mangio ma la tazza di latte la lascio a metà, nel tragitto casa-ditta non metto nemmeno gli auricolari e mi ritrovo solo ad osservare gli uccelli che volano tra i rami mentre poi, a lavoro, passano le ore e mi sembra di stare in un film a moviola…non sto combinando nulla, penso e ripenso e mi sento solo parecchio colpevole perché non ho fatto abbastanza…che ‘Se…’ e ‘Ma…’ e se fossi subito andato dal veterinario allora Chippy sarebbe già guarito e zampettante e tutti mi dicono “Non ci puoi fare nulla” ed “Era già troppo tardi” e mi dico che magari hanno davvero ragione loro e sono io che sbaglio ma non lo accetto ancora…lo capirò più avanti spero…ma non capiscono che quello che mi tormenta, non è il fatto della morte di un esserino a cui ero legatissimo…è il sapere che è morto nel buio di una cucina, di notte e da solo…e mi dispiace troppo anche perché sono conscio della libertà che DOVEVA avere e non ha avuto…e visto quanto ho negato ad un essere senza colpe e puro, il minimo che si DOVEVA a Chippy era fare il possibile perché stesse bene, il più a lungo possibile…che si dovrebbe almeno morire al sole e chiudere gli occhi perché c’è troppa luce e non farlo nel nero più nero.

Ma non ci sono riuscito.

L’aver fallito…questo mi tormenta…l’aver fallito.

269° giorno – Il giorno in cui pensai a noi e scrissi…

Sei la cosa migliore e giusta…ma anche la più sbagliata…e io sono maledetto, perché voglio commettere l’errore, anche se a volte fa male e altre malissimo il solo pensiero…anche se il sole sorgerebbe lo stesso se dimenticassi tutto e voltassi le spalle…le macchine intaserebbero le strade di scie bianche e rosse come ogni notte, la gente mi ignorerebbe comunque passandomi a fianco…uomini che continuerebbero a morire e bambini nascere. Ma amo sbagliare, sentire le fitte allo stomaco e i brividi e credere che posso…e devo…anche se per il mondo e l’universo pieno di galassie e pianeti e forze oscure sarà meno importante di un granello di polvere che vaga nel vuoto…non mi interessa…per me sarà tutto.

265° giorno – I pezzi troppo lunghi non li legge nessuno

Ho dimenticato gli occhiali a casa, solo davanti allo schermo del PC di ritorno dalla pausa mi accorgo che manca qualcosa…che manca qualcosa in più delle solite mancanze…mentre per un attimo mi riapproprio della mia vita che da quanto sto pensando non ricordo nemmeno di aver camminato, non ricordo che canzone avevo nelle orecchie…non ricordo su che cosa ho lavorato tutta la mattina… sovrappensiero…come in un’infinita serie di calcoli di un problema quasi impossibile da risolvere. E’ da una vita che sono sovrappensiero. Da una vita.

La giacca è bagnata sulle spalle, l’occasione giusta per parlare della neve sulle strade e della pioggia che scende dagli alberi, che il bianco diventa goccia trasparente e il pino marittimo si diverte per almeno dieci metri a lavarmi con disprezzo mentre nel cielo è pace ed equilibrio ghiacciato. Me ne accorgo solo quando la butto sul mio tavolo-scrivania e la vedo bicolore, quando la tolgo per mostrarmi nel mio solito completo tristezza-lavoro…mi fa sembrare più vecchio e triste e sono cosi sovrappensiero che di sicuro me lo dirà pure Chiara che sembro vecchio e triste.

“Non sono triste…non sono vecchio…sto pensando…”

“E a cosa pensi…”

“A cose…perlopiù confuse…riflessioni su certe persone e certe questioni che questa mattina ho fatto un discorso con un’amica e poi si è evoluto e mi è rimasto in testa in tante forme e colori diversi”

“Dovresti sorridere di più…”

“Non sono triste ho detto…”

“…e trovarti una ragazza..ti servirebbe una ragazza…”

“Si…e a volte mi servirebbe anche un carroattrezzi ma mi arrangio con il cric”

“Vedi? Proprio di questo parlo”

” Se ben ti ricordi…” dico al ‘Me Stesso’ “…c’eravamo dati dei compiti precisi e obiettivi da rispettare…abbiamo preso a martellate la nostra anima di legno per trasformarla in volontà di ferro…anzi…più del ferro che quella non si deve piegare o rompere per nessun motivo…quindi non abbiamo bisogno di niente e di nessuno”

“Menti a te stesso…quindi mi stai mentendo”

“No…sono abbastanza forte…forte il giusto”

“Giusto per cosa?”

“Punti a farmi ripetere mille volte le stesse cose…basta…”

Il trucco…il trucco…com’era il trucco…c’è da interrompere il flusso di pensieri a catena che manda in eccitazione il cervello che così si autoalimenta tirando fuori sempre lo stesso pensiero…dannato ‘Me Stesso’ stavolta ti frego…il trucco…il trucco…il trucco…concentrarsi su un oggetto neutro e tagliare il cordone ombelicale alla mente…le cuffie…le cuffie…le cuffie sono gialle…da lavoro…quando le metto mi stringono troppo la testa ecco perché sono passato ai tappi, quelli arancioni…mi piace appallottolarli…cosi morbidi all’inizio e duri quando li comprimi e mi ricordano il Didò, la pasta modellabile che pare si possa anche mangiare…cioè, si che si può ovvio…ma mi ricordo che quando me lo dissero rimasi quasi stupito stile “Ma no dai che cagata” ma poi se ci pensi quella roba la usano i bambini…vuoi che non la possano mangiare che quelli mettono in bocca di tutto? Io da piccolo finii in ospedale…in bocca nulla ma mi rimase nel naso la testa di un omino lego e ci infilai il dito per tentare di tirarlo fuori e quello che andava sempre più in fondo finché poi non sono andato da mia madre…che idee del cazzo che si hanno da bambini…io poi ero strano, pure sonnambulo…sempre avuto disturbi del sonno…una volta pisciai addosso a mia cugina grande mentre parlavo di autoscontri completamente immerso nel mio universo REM…stare sveglio nella notte era quasi un obbligo, sempre stato cosi, colpa del cervello che gira in moto perpetuo, dovrebbero studiarlo come fenomeno fisico…ci scoprirebbero cose interessanti per la cosmologia astrofisica nucleare particellare medica…lo sezionerebbero come quello di Einstein che l’hanno tenuto trent’anni dentro un cazzo di barattolo per poi affettarlo…scopri che lo spazio non è vuoto ma si piega come lenzuola sopra le curve di una modella e finisci con il cervello in un barattolo, una vita straordinaria dentro un barattolo…la vita è strana e a volte una merda…che tu sia artista o fanullone quella è bella o una merda e finisce in un barattolo, merda in barattolo, vita di artista, merda d’artista in barattolo come Manzoni, l’altro…che era artista e non quello scrittore e che aveva casa a Venezia…”adoro Venezia!” mi dice Indiana Jones in un pezzo di pensiero che compare qua, di fianco alla mia sedia monca da lavoro e “pure io” gli rispondo…”ci volevo tornare…me lo dico sempre…a volte vorrei andarci d’inverno…a volte la sogno con il sole…da solo…a volte in compagnia…sento che mi può fare bene Venezia…sento che è la medicina per qualcosa di cui soffro ma che ancora non capisco e tu…tu mi capisci?” …ma quello è già sparito, spariscono tutti prima o poi e non sai mai come comportarti…se prendere il braccio alla gente e non mollare la presa, obbligarli a restare o andare avanti per la propria strada e aspettare che siano loro ad afferrarti…”Ma tu guarda…’Me Stesso’…alla fine ci sei riuscito stronzo di uno a farmi tornare al punto di partenza…al pensiero fisso di tutta una mattina e a farmi sembrare vecchio e triste e sovrappensiero ancora una volta…a farmi scrivere inutilmente un altro giorno portando avanti questa striscia di pezzi…discorsi…pensieri su carta o come vuoi chiamarli…non importa…quando ieri forse…davanti a quella pizza…se il tuo amico avesse insistito avresti scritto ‘Ho smesso. Punto’ ieri notte…giorno duecentosessantaquattro di diario e sarebbe finita subito…come vorresti davvero…mollando il peso senza più coltivare in segreto il desiderio che chi ti legge un giorno diventi gruppo e poi folla e poi moltitudine e cosi ti sentirai forte davvero anzi…forte il giusto…adorato il giusto…benvoluto il giusto…con le giuste sicurezze economicosentimentalistabilitàemotive per trattenere il braccio di chiunque tu voglia con i mezzi che la tua mente e il tuo fisico e la tua volontà non hanno e mai avranno ma sappilo…sbagli…stai sbagliando tutto…non sembri il più bravo ma solo vecchio e triste e sovrappensiero e speri speri e fai calcoli e pianifichi e ti metti in gioco fingendo sicurezza e credendo di farcela…ma perdi di vista i fatti…riempi fogli bianchi di scritte nere allungando all’inverosimile il tuo pensiero per pagine e pagine per raggiungere pubblico e poi altro pubblico…quando la realtà che nemmeno provi ad osservare e capire e fare tua è che spesso quello che scrivi e quello che pensi e che spalmi in pezzi troppo lunghi…come questo…non li legge nessuno”

259° giorno – Qui non è Hollywood

Sono stato in giro tutto il giorno…mi sono anche seduto al Carducci, dove c’è il mio amore segreto che lavora…e stavo li con due amici a lamentarmi del fatto che usciamo troppo poco, che mancano elementi fondamentali in compagnia per smuovere ancora più le serate “servirebbero due ragazze e altri due e tre…andrei in giro a spaccarmiammerda ogni giorno” dice uno…la pensa come me.

Siamo lamentosi e non ci va mai bene nulla. Io a logica non dovrei lamentarmi tipo…famiglia perfetta, amici a iosa, lavoro incerto ma ce l’ho e mi pagano bene, mi diverto, mi sfondo di passioni, faccio mille cose ogni giorno senza sentirmi nella trappola della routine eppure, piango perché non è abbastanza, non ho la ragazza bella simpatica intelligente e anche se l’avessi non mi basterebbe, vorrei qualcos’altro…andrei a cercare altre mancanze confrontandomi con gente che forse ha solo una piccola cosa che funziona nella loro vita ma che a me manca e ne avrei il desiderio spasmodico da ingordo. La gente che attorno mi dice “pensa a quegli stronzi che non hanno nulla” e hanno ragione…e a me dispiace pure, ci penso forse dodici secondi a quei poveretti e alle mie fortune. Poi, torno a vedere il mio bicchiere mezzo vuoto anche se dentro c’è tanta acqua che cola dal bordo.

Sono ingrato, forse lo sarò sempre con la vita…non vedo il limite in cui posso dire “basta cosi…mi sta bene”, non riesco ad accontentarmi, non riesco a non piangermi addosso, non riesco a non pensare a quadrature di cerchi e sfere…i Negrita cantavano “quando tutto è troppo basta quel che hai” ed è vero e bellissimo…gran pensiero…un tempo quando non sapevo nemmeno cosa fosse l’ambizione e non fare un cazzo era la mia felicita ci credevo fermamente…ma era una scusa, me lo facevo andare bene a forza…che in quella canzone dicevano anche “…e forse un giorno lo capirai”…e magari ci arriverò prima che la vita mi tolga tutto facendomi assaggiare la vera sfortuna…non lo so, ma oggi mi lamento, oggi ancora non lo riesco a capire.

245° giorno – Nella valigia ora ci stanno le cose

Son migliorato nulla da dire, ora nella valigia ci stanno le cose almeno…cavolo, anni fa, quando uscire dal mio recinto era una novità spaventosa, non riuscivo a mettere in fila pensieri sufficienti per organizzare un viaggio in autonomia…troppe cose dimenticate e lasciate nel cassetto, fili e caricatori, asciugamani, bagnoschiuma e ciabatte…dimenticare quelle era l’inferno, uscire dalla doccia era come stare in palude…documenti, portafogli, biglietti aerei. Poi ho imparato, sarà per l’iterazione, valigia dopo valigia come partite a Tetris per infilare sempre più cose, che “quel caricatore arrotolato in quel modo riesco ad infilarlo tra maglione e shampoo mi sa” e mi riscopro pure previdente, medicine per ogni evenienza, dal raffreddore all’ebola…ci sono…e sacchetti per smistare vestiti sporchi puliti elettroni neutroni…ci sono…un minimo di schema piramidale nel disporre i vestiti…fatto. Poi, in verità in verità vi dico, guardando il risultato finale…a piegare le cose son sempre il solito disastro, le magliette o sembrano tombini quadrati di stoffa oppure sacche da golf, non c’è nulla del tocco di donna, non ci sono nozioni di geometria e colletti in ordine. Un habitat fragile la mia valigia…disordinato, una specie di schedario da geometra pazzo, una ricetta da grande chef in cui sbagli due mosse e il piatto fa schifo…se piego due volte una maglietta tutto salta, il mio mondo crolla come un jenga.

Valigie, valigie, anche quest’anno…in partenza per il capodanno di rito, in un qualche modo sono riuscito a stipare roba per un mese dentro il metro cubo del trolley…richiuderlo al ritorno sarà un incubo che le mie cose col tempo sembrano raddoppiare di volume. Ah, anche quest’anno la voglia è quasi nulla comunque…come ogni anno che ormai fa quasi parte del rito pure questo…ma so che son fatto cosi, la scintilla arriva e poi brillo di luce mia ma stavolta è dura, la parte sinistra del corpo è bloccata, collo e schiena fermi che devo aver preso freddo in quel momento li quel giorno la ed è per questo che ora è cosi che sei messo e la prossima volta impari…cosi mi dicono sempre. Poi ho la febbre, poi pure impegni e casini a casa che mi dicevo “dovrei rimanermene qua” e da una cosa ne aggiungi trenta altre, roba micro e insignificante, scuse e dolori e i piani ti sembrano meno brillanti e ‘ohy’, ci vivo troppo con queste parti di me che chiedono spazio e si lamentano, ostacolano il successo della mia mente e follia…sono una cazzo di valigia, pure io…sentimenti piegati male, emozioni stropicciate, fazzoletti di anima infilati tra bagnoschiuma e macchina fotografica…e ci sta sempre tutto alla fine, come ora…ma poi, quando tiro la cerniera e la apro e ci butto un occhio dentro…un groviglio di me e di tutto…e di Lei. Un disastro.