254° giorno – Come perdere facile a Triathlon

L’ho pensato davvero con questo titolo il mio libro…anzi…un mio libro. Stavo nel dormiveglia, quel postaccio dove ci trovi idee confuse, mostri del cazzo e immagini erotiche quando mi appare in faccia la copertina del libro con titolo e sopra in rosso…c’è un…un…

“Come si chiama quella roba lì che si butta in acqua dopo il naufragio?” chiedo a Sorella
“Salvagente?”
“No cazzo…più grande”
“Ehhh…barca?”
“No più piccolo…gonfiabile giallo”
“Canotto”
“Ecco quello…”

…un canotto che affronta le onde e dentro, una vecchia rugosa, una bambina vista di spalle e un tizio con i capelli rossi occhi da pazzo e bocca che ride allargata…tutto in stile fumetto che mi sa che essermi bruciato l’ultimo libro di Zerocalcare in un solo giorno m’ha condizionato il sonno e la vita senza contare il fatto che fa riemergere tutta la mia vecchia volontà di fare un fumetto che spesso la sola scrittura non basta…con tre-quattro illustrazioni si potrebbero esprimere meglio i concetti…cazzo é arte vera. Poi, beccarmi anche tutto quel concentrato di battute geniali e storie in questo periodo mentre io con la mente sto scarico peggio di una Duracell degli anni ’80 e il senso dell’umorismo chissà dove cazzo sta visto che mi rimane solo il cinismo e non mi esce una battuta decente che non sia volgare e manco storie interessanti, perso tutto chissaddove, forse negli anni d’oro di Pezzali.

Ne soffro anche se so che è temporaneo…è che mi rende una bestia…prima in Tv, che io ero sdraiato a contare i grumi di idropittura sul soffitto e Sorella guardava un programma di gente che compra vestiti da sposa, c’era sta tizia che dice “i vestiti da sposa sono come gli uomini…ne vanno provati tanti prima di trovare quello giusto” e io acido e stanco “si insomma…sei una troia”, con mia sorella che mi sgrida.

Sta faccenda del triathlon poi…iniezione di talento in vena, talento cristallino…stimoli continui negli ultimi giorni…brutti come la pubblicità dei passeggini con Bonolis “Cam…il mondo del bambino” o stimoli belli come la prospettiva di atterrare a Chicago prima o poi a giugno e quello che ne viene fuori è “COME PERDERE FACILE A TRIATHLON” che è un pensiero quasi dislessico come le parole che pronuncio ultimamente, figuratevi…manco so parlare…che qualcosa non torna….cioè, non è mai stato difficile perdere a triathlon, non serve mica un manuale Cristo, che razza di titolo è per un libro…anzi…il mio libro?

127° giorno – Cinismo liquido

Chiedo ad una ragazza di uscire con me. L’avevo già fatto nel gennaio duemilatredici e come allora, non mi interessa un granché la risposta.

Ai tempi ero stato liquidato con un “non adesso, ho da studiare, ho esami” e altri blablabla. Mi chiedo se adesso la risposta sarà “non adesso, ho da lavorare, da allenarmi, da vedere quella serie tv che tanto mi piace” e altri blablabla che virtualmente occupano ventiquattrore piene di energia al giorno, al punto che gli altri o almeno “me” non sono contemplati.

In realtà non sono convinto perché tanto non c’è scintilla, e io seguo solo quelle o razzi segnalatori ed esplosioni. Non riesco mai ad aspettare una persona, conoscerla e valutare. Sempre amori intensi o non corrisposti, assoluti e al limite del patetico, tragici come un poema di Shakespeare perché se no non hanno senso, non sono abbastanza. Ecco perche piango in “Pearl Harbour” e “Forrest Gump”, rispecchiano il “finché morte non vi separi troppo presto”, una costante della mia vita. Infatti, dopo un po’, quasi vicino alla quadratura del cuore  le cose iniziano a bruciare, fiamma alta venti metri colore blu cobalto e quello che rimane è solo una pioggia di cenere così bianca che pare Natale.

“Mha…”

Mentre penso, svestendomi, rispondo a mia madre dicendole che si, andrò a messa questa mattina, che è domenica. Lei esce, io entro in vasca, dove penserò, scrivendo mentalmente bellissimi inizi di romanzi che rimarranno incompiuti, pensando a lei, a lei e me e infine a me e basta, con rimorsi, rimpianti e anni buttati da ricordare. Non ci vado a messa in realtà, a mia madre mento sempre da un po’ di tempo. Qualcuno mi da del debole per questo, che ho l’età di poter fare quello che voglio senza preoccuparmi degli altri, che se voglio posso tatuarmi come desidero, bestemmiare come desidero, scopare senza sentimento qualsiasi ammasso di carne che riesca ad intortare, fottere il prossimo, spillare soldi, lavorare meno e guadagnare di più facendo il furbo, incurante delle lacrime che sgorgano sulle guance di chi mi sta di fronte, dei loro pensieri, delle loro domande e delusioni, dei loro “dove ho sbagliato, che ne è stato, dove l’ho perso”.

Sembro costretto ad immergermi nel loro cinismo estremo, nell’egoismo, come se fossi abbandonato in una giungla e quello fosse l’unico frutto disponibile. Dovrei non fregarmene delle sofferenze degli altri, del dolore che posso procurare, in una specie di lotta tra highlander in cui ne rimarrà soltanto uno, perché gli altri di me non si curano, che non gliene importa un cazzo se ti feriscono a morte, come se fosse una giustificazione per fare altrimenti, spronato ad affrontare la vita con un’ascia dietro le spalle, tenuta nascosta.

Ma perché dovrei fregarmene?

Per un po’ci ho provato ad incarnare l’egoismo e il cinismo, pubblicizzato come il perfetto antidoto per il mondo che ci circonda. Ma mi sono accorto che non mi voglio bene abbastanza per essere così, a stento mi sopporto. Mi piacciono di più quelli che mi stanno attorno, soprattutto quando mi fanno sentire meno solo.

Perché dovrebbe essere meglio fregarmene, se sono tristi o pieni di problemi? Io li preferisco quando mi sorridono.

A volte penso che chi mi consiglia il cinismo, non sopporta avere a che fare con gente come me.