Questo titolo è solo una scusa per scrivere ‘Pedissequamente’

“È assurdo, stupido, incoerente”


“No che non lo è. Se butto la gomma da masticare sull’asfalto mentre guido, quella è impossibile che vada oltre…mica rimbalza…resta lì quindi non sto distruggendo la natura…sto solo aggiungendo ad un qualcosa di artificiale e umano, la strada, un componente biodegradabile che finirà sotto qualche altra gomma non biodegradabile anzi inquinante, pneumatico, senza recare danno alla natura…ipoteticamente sta purificando il pneumatico, gomma cattiva contro gomma buona…dovrei sputarne 400 pacchetti anzi, per fare un lavoro fatto bene…un lavoro filosoficamente etico, inappuntabile, green, un’opera d’arte moderna” 

“Mah…veniamo proprio da due mondi diversi…sembra proprio che non te ne freghi un cazzo di quello che ti dice la gente…come con la faccenda delle tue canzoni di merda…” 

“Se la canti a squarciagola in macchina mentre guidi senza vergogna non può essere una canzone di merda. Scientificamente provato anche se si tratta della lista della spesa su base dubstep o peggio, neomelodico napoletano. Che poi non so se hai notato che sono un vero uomo, la ascolto a volume 63 che è il massimo consentito dall’autoradio prima di essere perseguibile per legge e con i finestrini aperti e il vento che smorza tutto ma quando poi li chiudo e il suono si amplifica io quella cazzo di rotella non la tocco, rimane tutto a 63. E non ho nemmeno la vostra sindrome di abbassare il volume o cambiare canzone quando al semaforo affianchi uno e avete vergogna di quello che state ascoltando, non volete che gli altri sentano la sigla di Hello Kitty anche se la urlate sotto la doccia o la ballate mentre pulite casa ogni giorno, siete ridicoli” 

“Beato te che il giudizio della gente non ti scalfisce mai che ti devo dire…” 

Va che poi non è vero che non ci penso al giudizio della gente, sono umano pure io che ti credi…anche se mi fa schifo esserlo. A volte ad esempio sto zitto perché  ci sono cose che non puoi spiegare…che vanno oltre la normale capacità di comprendere. Ti ricordi al distributore no…quel ragazzo esce dal gabbiotto e viene da noi…gli dico di controllarci l’olio e il liquido del radiatore…c’è un sacco di vento e la porta del gabbiotto rimane aperta perché lui ci ha appena appoggiato sopra lo scopettone con naturalezza e lo vedi che è davvero troppo verticale quello scopettone messo in quel modo e che c’è davvero un sacco di vento. Mette 1 chilo di Olio Castrol e ci dice che ci lascia il resto della bottiglietta ma io non lo ascolto perché c’è troppo troppo vento e vedo quella porta che oscilla e vorrei dirglielo che fra poco lo scopettone cadrà perché sembra così evidente ma allo stesso tempo, l’ha appoggiato con cosi tanta naturalezza che mi viene spontaneo pensare che lui ne sappia più di me…che sappia qualcosa che io non so? Se parlo e glielo faccio presente ci farò solo una figura di merda…un ragazzino che mi insegna come si vive con uno scopettone messo in verticale e io perderò tutta la dignità e il rispetto che mi sono creato quando prima mi ha fatto vedere l’astina dell’olio per chiedere conferma che andasse bene e io gli ho detto ‘si si’ anche se io non ne capisco un cazzo di ste cose ma ho fatto finta di si…che dovrebbe essere come leggere l’orologio per un uomo ma no…io non ne capisco un cazzo ma ho fatto finta di si ed eccola però, la sferzata di vento più forte che arriva e il ragazzino nemmeno ci ha pensato eppure era cosi evidente che sarebbe successo…l’idiota…vedrai che ora sente il botto della porta che si chiude e si frantumerà la testa contro il cofano dell’auto perchè ha ancora gli occhi e le mani su quella bottiglietta di olio e mi dirò tra me e me ‘lo sapevo’ ghignando perchè per l’ennesima volta ho visto il futuro. La sferzata di vento decisiva come quando da piccoli si contavano le onde fino a dieci per aspettare quella più forte…io mi ricordo che funzionava così…e adesso siamo al momento della resa dei conti mentre il ragazzino ha ancora la testa nel vano motore che rabbocca olio. Il vento spinge, vedo lo scopettone che fa leva come se puntasse i piedi per terra contro una forza inarrestabile e mi sembra troppo evidente che debba cadere per forza e che quella porticina andrà a sbattere facendo un gran casino...”

“E invece…flette flette flette il manico e spinge spinge spinge il vento e la porta si lamenta ma nulla, la natura si arrende inspiegabilmente in quei pochi istanti ad uno scopettone e la sua innaturale posizione, la porta balza indietro come contro un muro di gomma…la fisica che farebbe invidia ad Archimede sciorinata con disinvoltura da un ragazzino che crede di saper solo mettere benzina e leggere l’astina dell’olio quando impegnandosi potrebbe lanciare razzi verso la nube di Oort.” 

“Quindi come vedi, non sempre dico quel che penso…soprattutto se per qualcuno sto sopra dei gradini dorati perchè sono quello che sa le cose e come vanno a finire.”

A volte invece proprio mi dispiace rovinare la vita alle persone, trovandomi sensibile all’improvviso. Ero al mare, e vedo un vecchio risalire dalla spiaggia verso la strada. Si siede sul muretto mentre dietro, nipoti e moglie se la prendono proprio comoda a prepararsi. Quel vecchio rimane 20 minuti ad aspettare che il resto della famiglia si levasse dal cazzo visto che a quest’ora si mangia…e l’ha aspettata girato verso il parcheggio e non verso il mare. Potresti stare li a goderti uno degli ultimi tramonti della tua vita che forse muori stanotte solamente stando seduto girato di 180° ma no…20 minuti fermo a guardare il culo di una Skoda Octavia Wagon…dimmi come fai ad andare a fargli notare una cosa così…metti che poi capisce di averlo fatto per 40 anni ogni mese di agosto…una media di 10 minuti di attesa per fai, 20 giorni di mare, sono 8000 minuti…133 ore passate a guardare un parcheggio invece che il mare…glielo dici e quello parte con il pianto o peggio un infarto” 

“Ma Cristo…magari stava girato perché ha problemi agli occhi e si era dimenticato gli occhiali da sole. Hai sta fissa delle teoria senza senso come quella cazzata del distributore…” 

“Quale?” 

“Non ti ricordi? Tornavamo a casa, pieno da fare…superstrada. Passiamo il primo distributore ma no…costa troppo. Il secondo no… non può esistere un distributore con questo nome, non mi fido. Poi arriviamo al terzo, quasi a secco, il cartello indica 1.559 per la benzina, 5 centesimi in meno e tu no tiri dritto perché per te chiaro che si tratti di una trappola…perché d’altronde fare 5 centesimi in meno degli altri quando sei l’unico distributore per 40 chilometri? Deve essere per forza un trucco per attirare vittime da sezionare squartare e seppellire nei depositi di carburante della pompa 4 non funzionante…che chissà quante coppie di sfortunati turisti tedeschi ci sono cascati e guarda che è sicuro che li dietro ci trovi un cimitero di auto e a quel punto è proprio come fare 2+2…ma dai…a chi potrebbe venire un’idea…un pensiero malato del genere?” 

“Non a te evidentemente…ecco la differenza che c’è tra di noi. Tu ragioni pedissequamente” 

“Questa risposta è solo una scusa per usare la parola pedissequamente vero?” 

Non rispondo. C’è uno strano piacere a fare gli ultimi chilometri in silenzio quando ormai il sole è tramontato. A volte usi gli abbaglianti e i segnali si illuminano di colpo. Sorpassi al buio su macchine più lente. Spegni anche la radio, il finestrino di destra leggermente aperto che risucchia l’aria in vortici rumorosi che fanno compagnia. Quando arrivo a casa parcheggio, giro la chiave e il motore si spegne. Giro il pulsante delle luci e anche il quadro rosso, si spegne. Non esiste il silenzio totale…riesco a sentire il ‘tic tic’ del motore che si raffredda. Rimango in macchina ancora qualche minuto prima di uscire e chiuderla.

Non è male guidare da soli.

ReplyForward

362° giorno – “Solo cinque minuti…”

Mi dico “oggi scrivo” mentre il braccio se ne sta per una qualche percentuale fuori lì,  epidermide un po’ su plastica e un po’ al sole e al vento aerodinamico di una golf grigia scassata a 60 all’ora, specchietto rotto con l’aria che ci passa attraverso e che se ne esce dalle crepe fischiando come il clacson di un treno a vapore che lo so che non si chiama clacson ma il termine quello corretto non mi viene, non in italiano…che in inglese lo scriverei “steamy whistle” e comunque ci siamo capiti “no?”…che mica vi servono per forza le parole corrette per capire, anche se godete e ci marciate a fare i precisini su tutto…a consigliare sostantivi sostitutivi e lo so che qualcuno ha già pensato che avrei potuto scrivere ‘sinonimi’…non sono mica stupido…non sono cosi poco vocabolarizzato e ignorante…ho solo parlato di clacson di un treno a vapore e della mia golf scassata che corre nel suo natalizio mostrarmi mille spie luminose gialle e rosse e io che guido, sedile reclinato troppo che se appoggiassi la testa cosi…per un attimo…verrebbe da chiudere gli occhi e farli riposare un filo dopo queste notti senza tregua che te lo fanno meritare…è un diritto il riposo degli occhi per soli cinque minuti, chiuderli un attimo soltanto che la strada va via bella dritta e la gente nel mio paese sembra quasi che non sappia dei loro diritti in prossimità delle strisce zebrate…non passano, non attraversano, aspettano minuti e minuti senza avanzare un passo, quasi al sicuro su quei marciapiedi grigi mentre camion risciò scooteroni camion dei pompieri automobili sfrecciano incuranti di leggi e di loro pedoni vecchiette con la spese, pedoni bambini con cartelle, pedoni spacciatori di crack, pedoni vecchi con sorrisi e tristezze…ma sembra quasi che vada bene a tutti…come se i pedoni stessero bene nella loro lentezza e non fretta nel raggiungere posti e non disturbano gli automobili-guidatori con gesti e maledizioni e ‘no-no!’ fatti con la testa indignata, non li disturbano proprio mentre loro, invece, si arrabbiano con chi rispetta i limiti e le precedenze e i diritti degli animali bipedi e quelli che attraversano a 200 le rotonde come se solo loro ne avessero il diritto, ognuno un piccolo re della strada. Io sto a metà credo…fra i due mondi di pace e guerra yin e yang bianco e nero…io mi fermerei nelle piazzole a dormire se ci fosse un albero che fa ombra…e preferisco le strade con il panorama ai tunnel…e amo arrivare tardi al lavoro senza lotta per il parcheggio migliore…prendo quello lontano più lontano di tutti e va bene, non importa, un sacco di cose non importano, un sacco di cose non mi importano che prima mi importavano di più e invece adesso niente o molto meno…un sacco di cose mi importano ancora ma faccio finta di no e le lascio li nel cervello per quei cinque minuti che riposo dopo una notte di tortura sudata…tipo l’amore, la carenza di affetto, il futuro, la mia ex, cambiare macchina, cambiare casa, stato, universo, vita, scappare, imparare a cucinare, credere in qualcosa, svegliarsi con tanto entusiasmo…mi importano ma faccio finta di no, che siano solo piccoli sogni a cui non dare importanza per adesso, lasciarli li e vederli con la coda di un occhio appannato e aspettare ancora un po’ che “non sei ancora pronto per affrontare tutti questi spilli di passato presente e futuro”…c’è della pesantezza di mente e di fisico e di morale…rimanere a galla ecco, giusto quello…corrente che ti trasporta piano piano su questa piccola barchetta marcia e le onde, al timone, circondato da corde vecchie ma resistenti e questa fascia di legno attorno, cosi liscia per l’acqua di mare e piena di buchi, cosi inclinata che li, anche in mezzo alla veloce tempesta di quelle con l’acqua verde e schiumosa che pare possa tagliare come una lama e la schiuma bianca, che fa un rumore di quelli che ti mette i brividi e anche li dicevo, ti viene da appoggiare la schiena e poi anche la testa, ti appoggi e tutto attorno si muove, ti appoggi dove il legno è ancora più liscio…e te lo dici da solo che puoi…che tanto c’è da attendere il sole e l’acqua azzurra e le bestie del mare non vanno di fretta e non conoscono i loro diritti sulle imbarcazioni, non ti rompono le palle…”Puoi!” ti dici, chiudere gli occhi per quei cinque minuti…

361° – La ragazza spagnola

Devo tirar fuori dell’energia da qualche parte, ne avrò bisogno, che mi sono ricordato di dover imparare un balletto per il matrimonio di un amico e nemmeno l’ho mai visto…figurarsi farlo. E poi con stasera arriverà del lavoro da fare di quello noioso quanto una puntura di zanzara sul sedere…raro ma capita…e per la mostra ancora la faccenda non è finita e io mi illudevo quando proclamavo che “dal primo giugno è una cazzo di discesa senza ostacoli fino al mare” no…per nulla…manco un po’…perchè ho più tempo per pensare e fare ed invece di staccare un attimo e riposare faccio il doppio…e ci sono le finali di NBA piazzate nelle ore notturne quando le persone normali dormono…la cosa non aiuta proprio e tipo che oggi son davvero cotto e debole nonostante tutto quello che di positivo mi ha portato il weekend tra una puntata a Verona con amici con in mezzo involontari cortei omofobi allucinanti, tortelloni di Ugo e tanti bei discorsi sani e una foto maratona ieri a Milano con mantellina militare e 3 metri di pioggia al secondo che avrebbero scoraggiato anche Noe Super Sayan.

Mi presento all’alba di domani a pezzi…con una ragazza spagnola energica da conquistare che Dio quanto è bella e occhiaie e testa spellata per il troppo sole preso nelle gite di questo Giugno…mi servirebbe una camera iperbarica ad alto contenuto di ossigeno, poter tornare a casa con il solo scopo di sdraiarmi e dormire ed invece, fra dieci minuti, comparirà ancora qualcuno con qualcosa da fare, l’ennesimo plico su una torre già infinita.

Oh…io adoro la mia vita sia chiaro…sono tornato ad adorarla con un click improvviso, una goccia che fa traboccare il vaso, un “basta” urlato finalmente in maniera convinta, dopo mesi persi dietro a qualcuno che ha deciso di prendere la sua vita, imbavagliarla, legarle mani e piedi e spingerla in un dirupo di incredibile noia e mediocrità, dirupo che stavo quasi per percorrere pure io, piano piano…strade che ti infilano dubbi sulla tua stessa sanità.

E’ che speravo in un rientro alla normalità più soft ecco…ma d’altronde devi prenderti quello che capita.

Vediamo di dormire stanotte…che domani dovrò anche ricordarmi di come si parla spagnolo.

Hasta pronto!

360° giorno – Le diable bat sa femme et marie sa fille

Piove grosse gocce pesanti, alto ritmo, macchie bagnate e odore di asfalto caldo che si raffredda, polvere e detriti, aria sporca mentre il sole continua a splendere, capire da dove arrivi la pioggia diventa un gioco in un cielo azzurro ciano che fa tanto estate, mare, bella giornata…entro in macchina, asfissiante atmosfera, disordine e casino, volante spellato, pannello porta senza colla con interiora a vista…ci vedo spugna, collante, tessuto appiccicoso e malattia. In francia dicono che il Diavolo picchi la moglie e ne sposi la figlia quando sole e pioggia si incrociano e le volpi ed altri animali si sposano tra di loro e lo capisci anche te che non capita spesso, che non capita mai, che quando capita qualcosa devi pure scrivere o pensare o fare andare storto o a fuoco, o devi salvare vite o prendere decisioni o anche un semplice gelato.

Gelato, melone e banana, che esco con Sorella da uno di quei negozi che con i loro nomi altisonanti sembrano la versione moderna e consumista degli dei di una volta…ciao ciao Zeus, Marte, Nettuno, Diana, Minerva, avete dato il massimo, vi ricorderemo tra un pugno di Pegasus ed un servizio sui guai economici della Grecia ma adesso c’è da lasciare il passo a Zara, Yamamay, Nike e Tezenis e le loro armature di stoffa multicolorate pocovestenti ultraprovocanti.

“Ogni volta la stessa storia…” dice sorella “…prendi un pantalone e la commessa ci prova sempre….’non è che vuoi anche una maglietta da abbinarci o un appartamento in centro?’ ”

Ha ragione sorella nulla da dire…ma è la legge del più forte, delle nuove divinità…che quelle vecchie almeno si accontentavano di ceste di fiori, vergini e agnelli sgozzati mentre adesso è tutta questione di lasciar giù mezzo stipendio, IBAN, codice PIN e pezzi di carta filigranati.

“Sto diventando povero…” dico

“Non avevo dubbi…” mi dice Sorella “forse forse che fai la bella vita un po’ troppo”

“Già…dovrei farmi un regalo per punirmi…”

…ed è cosi che alla fine si entra nell’ennesimo tempio pagano…niente armature e sete d’oriente ma pentolame coltelli e meridiane moderne a lancette di dubbio gusto sparse in giro…ci sono cornici argentate e figure-gufo utilizzate per ogni ragione, giuste o superflue…diventano ciotola o presina o ombrello o separa-uova o teiera di cristallo con zampe e occhi e becchi…inquietanti anche se piacciono, a me, i gufi. Siamo li che vaghiamo tra reliquie e cimeli, Sorella ha già trovato qualcosa per Madre mentre io ancora cerco illuminazioni personali…posto strano questo poi, che ogni volta per qualche motivo, ti vogliono fare credere che per motivi eccezionali ti vogliono regalare cose e farti pagare di meno…meno di un anno fa ricordo chiaramente cartelloni drammatici che parlavano di apocalisse e chiusura imminente, il cartello “E’ FINITA” stampatello rosso sangue…ricordo gente disperata che supplicava di comprargli un vassoio con il 70% di sconto e la mia teoria, nata spontaneamente, che sia tutta una mossa per farti pagare robaccia cinese al prezzo reale facendoti credere che si stiano svenando per te…che se potessero, un rene te lo regalerebbero pure se non ne avessero solo uno.

E provate a dire che mi sbaglio…guardo in alto e in basso…uno scaffale vuoto è agghindato con l’ennesimo proclamo divino che annuncia ricchezza e incredibili favori di fronte alla nuova, terribile, funesta disgrazia…”VENDITA STRAORDINARIA PER ALLAGAMENTO”…allagamento…

Allagamento.

Colpa di Nettuno?

fotor_(196)

359° giorno – Ti va di parlare?

Ho in testa mille discorsi che più o meno iniziano tutti uguali, significano la stessa cosa, finiscono simili…e proseguono verso un imbuto da qualche parte nel cervello…vengono tritati mentre dalla cima, dove c’è la luce, io già li ricreo, uguali simili speculari. Ieri sera i discorsi erano altri…avevo voglia di prendere carta e penna e scrivere, scriverti…ieri avevo in stomaco una pinta di birra quasi bevuta alla goccia che carburava allegria e tristezza dando alla serata un tono colore dramma, sbalzi di umore e temperatura, ombre che diventano amici e poi scompaiono quando perdi lo sguardo tra mille fratture…ieri sera come una fra le più strane della mia vita, una di quelle in cui sembra che tu abbia perso tutto anche se ti ritrovi con gli occhi ben aperti, finalmente, una di quelle in cui servirebbe il colpo di fortuna, illuminazione, dimostrazione che allora si, che esisti, destino.

Oggi è un po’ diverso da ieri sera strana…si rimugina…si fanno i conti, si fa la conta di quello che si è buttato, “We’ve taken what’s been given and we throw it all away” , un altro giorno in meno verso l’ultimo episodio, consapevolezze, una colazione saltata perché la birra ancora rimbalza nelle pareti “dentro”, telefono pieno di messaggi, quei lumicini che pian piano si riaccendono, siano maledetti, nell’idea che basterebbe una zona in penombra qualsiasi, un angolo di città in un giorno casuale, sguardi che si incrociano e…
“Ti va di parlare?”

358° giorno – Febbre al tramonto

20:02 che si legge uguale anche al contrario, sdraiato sul letto che al contrario invece si legge Ottel e quindi non é…non é…come si dice…palindromo? Non lo ricordo…febbricitante che sto a casa e mi sembra di buttare via il tempo che lo stare sdraiato é un piacere che amo davvero solo sotto il sole e il mare poco distante…che non ho voglia di quasi niente che sia intrattenimento o lavoro cartaceo o digitale e quasi mi sento preoccupato dalle prossime tre quattro ore di temporeggiamento spinto nell’attesa di un sonno che me lo sento, sarà travagliato e in apnea.

Odio sentirmi malato e con il respiro affannoso e le gambe che rispondono solo a tratti mentre il mondo fuori va avanti sotto il sole e senza di me e per una volta vorrei davvero che il tramonto arrivasse subito e con esso il silenzio dei cani e magari pioggia e il suo rumore e quel breve momento in cui poi perdi coscienza che nemmeno te ne accorgi.

Magari.

357° giorno – Ma di che?

E adesso cosa poi…cane e coglione come sempre. Sono stanco un po’, di tutto. Stanco stanco stanco. Devo cambiare, dentro. Chiudere all’interno di scatole cose che non vanno bene e sentimenti rovinosi, intenzioni sprecate. Chiudere tutto, con cinismo, che mi spaventa ma devo. Necessario. Non ha funzionato e non funziona, il resto. Meglio chiuso e lontano al di là di facili mani illuminate di bianco che entrano e schiudono lucchetti e fanno scappare emozioni nocive come lucciole che fuggono da una campana di vetro, illuminano qualche istante per poi volare via, di fuori e non tornare mai più. Meglio chiuse dico, in fondo, che a scavare bene e aprire stanze segrete spostare drappeggi di pesante velluto porpora dietro scrigni e serrature da solo allora li si, godersi un po’ di luce. Dentro, da solo.

Da domani allora.

356° giorno – Joseph Le Bon

Ho un sacco di cose da fare e ovviamente sono fermo sul divano che mi guardo le unghie come una casalinga disperata o annoiata…che é meglio.

Quattro ore.

Fra quattro ore parto per la Francia con gli amici di una vita e ci sono ancora una valigia da fare, foto per la mostra da portare a stampare litigando con il grafico che dovrà salvarmi la vita, ritirare due spicci visto che ho il portafogli con più dollari e corone ceche che euro…pure i centesimi di Nickel sono spariti. Devo andare a pagare due multe entro stamattina, cosi avrò lo sconto e anche due bollini sulla scheda che dopo dieci una é in omaggio mi pare…e devo anche passare dal corniciaio e consegnare due lavori organizzando dei mini-compiti per altra gente…tutto in quattro ore…e io sto qui sul divano a guardare unghie e queste stampe di qualche secolo fa con gente francese morta da tempo appese sul muro…che dovendo andare in Francia magari é di buon auspicio o cattivissimo che ne sai…di fronte ho uno che si chiama Joseph Le Bon…pare sia nato ad Arras nel 1765…deputato di non so di che dannato dipartimento che é tutto scritto in quel corsivo talmente tondo e pomposo da sembrare uno schizzo artistico per delle nuvole o un’idea per un cancello liberty. Si capisce solo che é stato condannato a morte e decapitato…povero cristo…a quei tempi certe cose non te le facevano passare lisce.

Forse é un monito. Del tipo “vedi di impegnarti che se no c’è sempre qualcuno pronto a farti il culo o decapitarti se necessario”. E se mi guardo in giro avrebbero il diritto di farmelo presente…vedo vestiti buttati a caso sul divano…c’è anche roba che dovrei stirare…ci sono cose da prendere ma che ancora se ne stanno chiuse nei cassetti e il loro ricordo nel mio cervello é tipo appeso ad un filo…basta una distrazione…un soffio di vento piu forte in questa giornata di autunno simulato e quel ricordo se ne volerebbe via per poi ritornare giusto al primo albergo francese in cui mi fermo.

Ho sempre detto io, che dovrei pensare a farmi una lista per organizzare la mia vita…per non vivere cosi sotto pressione in ogni istante. Però forse…senza quella stretta allo stomaco che senti quando il tempo stringe…quella che senti quando puoi vincere o fallire…vivere o morire…sarebbe tutto meno bello.

Forse anche Joseph, gli ultimi giorni…l’ha sentita.

joseph

355° giorno – Do i wanna know?

Una macchina che è come me, segnata fuori e dentro…disordinata e caotica…le spie di mille pensieri che si accendono tipo albero di natale…che corre troppo con pneumatici vecchi e usurati, fa rumori a cui non bado, lancia segnali di convergenza da rifare come il mio cervello.

“I’ve dreamt about you nearly every night this week
How many secrets can you keep?
Cause there’s this tune I found
That makes me think of you somehow…”

Repeat. Che le canzoni le spolpo finchè non cado dalla stanchezza…e in macchina i vetri tremano dal volume e le orecchie si intasano di riff spaccatimpano. Mangio vita come la mia macchina mangia olio, un chilo in 2000 chilometri, “dovresti cambiarlo questo rottame” mi dicono ma “No è come me” rispondo…ha tanto da dare e tante strade da percorrere di corsa…come me…con quel cambio quasi distrutto…i freni che fischiano, ogni giorno trovo un pezzo in meno tra i graffi e strisciate che quasi sembra un guerriero. Come me.

“(Do I wanna know)
If this feeling flows both ways?”

E cantare a squarciagola che tanto a 80 su una strada deserta del mattino è concesso e nessuno può sentirti urlare come nello spazio, e volendo se te la senti puoi anche piangere e imprecare e stringere il volante, la rabbia che si sfoga in ogni cambio di marcia…sembra un pugno…sembra di stare di fronte ad un sacco da boxe….terza-quarta—quarta-terza…destro-sinistro…sinistro-destro.

“(Sad to see you go)
Was sorta hoping that you’d stay
(Baby, we both know)
That the nights were mainly made
For saying things that you can’t say tomorrow day”

Che i pensieri del mattino sono sempre i più brutti se poi sei uno come me…dammi una forchetta per scavare fino in Cina e a metterci l’anima…a morire per la pressione atmosferica di 6000 metri d’aria sopra il cervello o schiacciato dalle frane…proverò a sbucare in piazza a Pechino…ostinato e pazzo, contro tutti, contro il buonsenso e i consigli. Li prendo e li catalogo e gli do fuoco. Me ne dimentico o forse li ignoro solamente. Leggevo tipo da qualche parte, che chiedi consiglio perché quando stai dentro il problema è come trovarsi in un labirinto e serve qualcuno che ti guidi dall’alto…uno con la visione d’insieme…occhio di falco…e poi sta a te decidere se girare dove ti dicono loro o fare di testa tua. Io non giro…io cerco di abbattere il muro…se sono ammaccato è per questo…e sto nello stesso posto per mesi anni secoli contro quel muro. Più stupido che ostinato, cervello scheggiato dagli urti, scarsa accettazione di realtà e sconfitte. Scarsa accettazione di non essere il migliore di tutti. Scarsa accettazione di non poter essere il meglio in quella situazione sempre. Scarsa accettazione di non essere il meglio per lei.

Scarsa accettazione di me stesso?

“Crawlin’ back to you
Ever thought of calling when you’ve had a few?
Cause I always do
Maybe I’m too busy being yours to fall for somebody new
Now I’ve thought it through
Crawling back to you”

Forse…e mi dicono che ho paura, sono spaventato…ecco perché non cresco. Ecco perchè non cambio prospettiva, perchè non voglio fare sacrifici e passi avanti…come se vivessi un’eterna adolescenza ma con i problemi di adesso e il mondo più cattivo che si conosca…con gli amici che pian piano costruiscono qualcosa, alcuni spariscono, si dedicano a cose da grandi e tu rimani indietro…macchine comode e non rottami problematici, anime meno perse della mia che guido nella nebbia con quei fari che vanno e vengono…colpa dell’impianto elettrico mi han detto…a me va bene cosi…a volte si accendono le luci interne all’improvviso e penso che la mia auto abbia avuto un’idea…l’illuminazione…e ci vedo della speranza…“se anche questo ammasso di lamiera può trovare idee e soluzioni allora forse anch’io posso”…ci credo ancora, io, nelle fiabe…quelle a lieto fine nonostante le lezioni che la vita mi ha insegnato e che io ho scordato. Continuo a credere nei sogni , è una colpa?E nelle soluzioni impossibili, di quelle che finiscono con un bacio inaspettato sotto la pioggia, o il colpo di fortuna che ti serviva…o l’incontro più importante della tua vita in un anonimo bar della provincia…e sogno ad occhi aperti tutto il giorno mentre le ore e i chilometri passano e i segni sulla mia carrozzeria aumentano…mentre il cervello la pensa sempre allo stesso modo…mentre butto benzina e non mi accorgo di correre su un anello….

“Been wondering if your heart’s still open
And if so, I wanna know what time it shuts”

…e oggi è come ieri. Cielo grigio sulle montagne ad Ovest che costeggio, guardrail monocromatici su nero asfalto, case, verde albero, rotonde e qualche ciclista, volume a 24, bassi da regolare, finestrini chiusi e aria soffocante…passo la galleria tra camion claustrofobici e poi luce e giù nella discesa…accelerare fino alla rotonda dopo…mentre canto, stessa canzone in repeat come ogni mattina, stessi pensieri, stessa rabbia, stessi schemi e piani B-C-D-E-F-G fallimentari, stessi finali da film con lieto fine ma senza sceneggiatura in mezzo, stessa domanda che rimbalza nella testa…

“I don’t know if you feel the same as I do
We could be together if you wanted to”

(Do I wanna know)
If this feeling flows both ways?”

354° giorno – 10 minuti #4

19:16, che a me tipo non me ne sta fregando un cazzo di un sacco di cose e il malumore va e viene come la corrente in mezzo al temporale e la rete dello smartphone per cui quando non ricevo messaggi posso dare la colpa alla Vodafone e non alla solitudine e che se c’è buio attorno posso dare la colpa a tralicci metallici e cavi di rame e non alla mia anima confusa. Ho le finestre piene di bolle d’acqua e la rete antizanzare che oscilla al vento e io qua che scrivo per quei dieci minuti che mi concedo di pensieri liberi davanti ad un pc intasato nel desktop, intasato nella scrivania che lo circonda, intasato nella camera che mi contiene insieme ai vestiti e letto sfatto, intasato in questo paese pieno di anime perse, intasato in questa nazione di problemi costanti come la marea alta al plenilunio, intasato come questo mondo di persone animali piante cibi malsani torrenti alberi passioni amori che finiscono credenze esoteriche tecnologie malattie sconforti, intasato come questo universo che nemmeno più si capisce quanti siano…2 o 3 o 100 o infiniti come le realtà possibili e piatti e tondi e bivalenti legati storti arrotolati come un nodo margherita su un vascello alla deriva nella tempesta, quella perfetta, quella delle onde alte cento metri che inghiottono città quelle in cui forse ti sentiresti quasi a casa perchè ti circonda lo stesso elemento e la stessa forza che ti senti dentro il cuore…tumulto…paure…pensieri…voglie…che la domanda te la fai sempre…se sei tu il problema o il mondo…o in realtà non esistono problemi ma è solo chimica, formule che si mescolano e non combinano, reazioni energetiche a catena, miscele che non vanno in pari neanche fosse assenzio che galleggia sul gin che ricordate, mai bere dall’alto ma dal basso, al fondo…e dategli fuoco…e infilateci dentro anche zucchero e stateci male e ridete e credete che sia giusto farsi del male ogni tanto…fisicamente dico…che tanto dentro ci si taglia sempre e gratis che è un piacere…e l’ho provato una volta si…il verde, senza fuoco ma verde e intenso, bruciante e dolce che sale e scende contemporaneamente e anche li, dopo, pensieri del tipo “ragionare sul piano D” che tutte le altre lettere te le sei giocate, male come sempre…ed ogni volta ci son sempre meno idee per la lettera dopo, provi il rischio, lo stupore, giochi la sorpresa, cali il tuo tris di 4 visto che le altre carte sono ormai andate, provi a vincere con gli spiccioli, provi il colpo grosso come con l’ultima fiche sul rosso o il nero… la roulette che gira…te che sudi…cerchi di anticipare il numero calcolando tramite formule inventate di fisica-magia dove finirà la pallina…ci credi…rosso…nero…rosso…nero…tac…tac…tac…sudori freddi….rosso…nero…rosso…nero…

Rosso? Nero? 19? 26?